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Da un pezzo sto pensando a come mai ad un certo punto quando ho finito l’università ho cominciato a pensare che non volevo essere una designer.

Era il paleozoico, non parlavamo nemmeno di usabilità ma di ergonomia. Immaginatevi quanto poteva essere lontano quell’ambiente dal concetto a me caro dello human centered design.

Erano i lontani anni in cui andare al Salone del Mobile era il massimo della coolness, anni in cui Zona Tortona a Milano era un postaccio appena bonificato dalla puzza di interland.

Io mi sentivo che tutto quello concetto di elite stilosa e di produrre-tanto-per-produrre non mi apparteneva.

Così ho chiuso tutto, incluso la mia laurea, in una valigia e sono partita per la Spagna e per il marketing, dove sono rimasta una decina di anni buoni.

Dopo questo decennio a cercare la performance, mi sono ritrovata a pensare sempre con più insistenza alle persone dietro a tutti i miei progetti.

Li chiamavo “quelli dall’altra parte dello schermo”.

A furia di immaginarmeli questi dietro allo schermo, mi sono avvicinata allo UX Design che ora è il mio lavoro.

Ormai sono passati anni da quando mi sono accorta che volevo solo fare quello, cioè fare prodotti digitali semplici da usare e che possibilmente servano per fare cose interessanti, ma solo recentemente ho capito che quello che faccio è molto simile al design che studiavo nelle aule dell’università.

Ad aiutarmi a fare pace con questa presa di coscienza c’è un ritrovato interesse nella storia della progettazione di oggetti fisici.

La mia piccola produzione di ceramica ha aperto la strada, e inaspettatamente mi ritrovo a leggere e a documentarmi su temi che sono stati per qualche tempo il mio pane quotidiano, cioè i periodi storici e le innovazioni nella produzione industriale.

Nel panorama una delle aziende chiave in questo è stata la Olivetti, dietro la cui storia ultimamente si sta forse speculando un po’.

Ma onestamente, chi sono io per non apprezzare una buona spy-story ambientata in Italia in cui al centro di tutto c’è l’egemonia dei produttori di personal computer?

Se anche a voi interessano gli intrighi, la storia dell’informatica e apprezzate il mood true crime vi consiglio caldamente “Il caso Olivetti” di Meryle Secrest.

Se volete sapere meglio di cosa parla questo libro qui sul blog di Aziona lo abbiamo recensito.